In seguito all’occupazione dell’Italia settentrionale da parte di Napoleone Bonaparte l’armata rivoluzionaria non trovò quel supporto da parte del popolo che aveva preventivato. A Verona soprattutto, occupata nonostante la Repubblica di Venezia si fosse dichiarata neutrale nella guerra in corso tra Francia ed Austria, i rapporti tra i cittadini ed l’esercito transalpino furono tesi fin dall’inizio, per il comportamento più da oppressore che da “liberatore” di quest’ultimo. Dopo dieci mesi di convivenza forzata i francesi cominciarono a tramare per rovesciare l’amministrazione locale. Nella notte tra il 16 e il 17 aprile comparvero sui muri della città dei manifesti che incitavano alla rivolta a presunta firma del provveditore veneziano Francesco Battaia. L’inganno dei francesi venne però facilmente scoperto in quanto Battaia si trovava lontano da Verona ed il testo del manifesto era già stato precedente utilizzato in altri contesti ed addirittura pubblicato su alcuni giornali. Allora cercarono lo scontro provocando in continuazione la popolazione per tutta la mattina fino ad arrivare a sparare con i cannoni dal castello di San Felice, loro quartier generale. In quel momento i veronesi si stavano recando in chiesa (si era ancora nel periodo pasquale, da qui il nome dato all’insurrezione che ricalca i più famosi Vespri Siciliani) ed esasperati decisero di insorgere,cominciando ad attaccare la guarnigione presente nella centrale Piazza d’Armi, oggi Piazza Bra. Purtroppo dopo quasi una settimana di scontri gli insorti si dovettero arrendere ai francesi, che depredarono la città di molte delle sue ricchezze.
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